Lunedì 18 aprile ho partecipato alla 117 Boston Marathon, la mia sesta maratona, sicuramente la più difficile fra tutte; difficile perché non sarà facile far finta che non sia successo nulla: le scene di dolore e sangue vissute subito dopo l’esplosione delle bombe prima e quelle viste in televisione al rientro in albergo, so già che mi si ripresenteranno davanti agli occhi tutte le volte che parteciperò ad una manifestazione podistica, sia essa una 5 Km o una maratona.
Non mi farò però domande sul perché e sul per come: sono convinto che non ci sia un perché ed un per come e mai ci potrà essere; Martin non c’è più e con lui Krystle e Lu insieme alle centinaia di feriti; con loro purtroppo si è spenta anche la gioia di festeggiare un’attività profondamente pacifica e sana come la corsa. Tutti noi sappiamo cos’è la gioia che si prova durante una maratona, soprattutto nel momento di tagliare il traguardo; una gioia intensa,vera che ci ripaga dei tanti sacrifici fatti, non solo fisici, nei lunghi allenamenti; gioia e sacrifici che inevitabilmente abbiamo trasferito e condiviso a chi ci sta vicino, siano essi compagni di corsa, mogli, figli, amici o colleghi. A Boston, per un attimo, mi è stata tolta la gioia di quel momento. Ma solo per un attimo!!! Per Martin, per Krystle e per Lu troverò la forza di reagire, mi impegnerò ancora di più insieme ai miei amici della Roma 83 per trovare insieme motivazioni più forti del dolore che questa maratona ha provocato. Sono convinto che solo così potremo sperare in un mondo migliore dove per sopraffare il male non si useranno le armi o gli esplosivi ma solo il bene ed il giusto, quei valori che insieme alla determinazione ed al rispetto sono la base dell’attività podistica.