Domenica mattina eravamo sul percorso della Maratona in prossimità del Km 23. Aspettavamo che transitasse la nostra amica Annarita per correre con lei il più possibile e se possibile aiutarla. Ad avvistarla tra i tantissimi atleti che sopraggiungevano è stato Cesare che era ad allenarsi insieme a Barbara e così ci siamo agganciati al gruppo degli atleti in gara.
A quel punto la fatica si fa sentire e anche il semplice gesto di passare una spugna diventa importante. Correvamo divertendoci ad ascoltare i dialetti più diversi, cercando di tenere su di giri la nostra amica. A un cero punto, dopo il fatidico “Trentesimo” ci ha affiancato un ragazzo che correva spingendo una carrozzina. A bordo c’era un giovane ragazzo disabile con tanto di pettorale, bagnato dalla pioggia ma con la gioia dipinta sul viso. Incitava tutti quelli che gli stavano intorno e aveva voglia di comunicare la propria felicità per essere anche lui un protagonista di un evento così bello. Non faccio più la Maratona se con me non c’è Raffaele, lui corre con le mie gambe e con le mie braccia, siamo due persone che hanno un solo cuore. In passato ho fatto buone prestazioni e ne sono contento ma quello che provo ogni volta dopo una fatica così, quando io e Raffaele abbracciamo e tutti si stringono intorno a noi, non lo cambierei neanche con un Record Mondiale. Queste parole le abbiamo ascoltate in tanti che correvamo lì vicino. Abbiamo conosciuto i vincitori anonimi di questa magnifica avventura che si chiama Maratona di Roma.